Testimonianza
Testimonianza
Marco Ticozzi, " Enrico Ragni 1910
-
2002
'Dalla terra al mare al cielo", catalogo, novembre 2010.
Nella vita di Enrico Ragni e nella vicenda culturale di Brescia
degli anni sessanta e settanta, un ruolo importante fu svolto
dalla sua attività di docente di 'educazione artistica' alla
Scuola Media Ugo Foscolo, anni in cui io ero alunno (1964 -
1967), che furono cruciali per molte sperimentazioni ed applicazioni
della pittura di astrazione e moderna in genere, in
Italia e a Brescia, nei termini della storicizzazione attiva del
movimento.
Erano altresì gli anni dell'applicazione di una prima riforma
della scuola media, dove, ad esempio, la sostituzione dei giudizi
ai voti e la definizione stessa di corsi come l''educazione
artistica', portavano nella scuola un primo germe di
fermento culturale, che nei licei, non ancora riorganizzati, fu
portato avanti in seguito più dagli studenti che dai docenti.
'Docente' ... a quei tempi il termine corretto era Professore.
Nell'accezione del tempo, rappresentava un ruolo che incuteva
timore e reverenza negli studenti e nelle famiglie e che
portava in sé un riconoscimento sociale e culturale che negli
anni successivi venne meno, mentre allora era alla base della
possibilità di influire nelle coscienze e nella formazione dei
ragazzi.
In effetti il fenomeno appare rilevante perché la Scuola era
per molti artisti, allora più che adesso, luogo di esercizio
professionale e di sostegno della loro attività, e si poteva
promuovere cultura anche in 'ampliamento o dissonanza' rispetto
alla mera applicazione dei dettami ministeriali.
Va notato che, in questa scuola, Ragni e la moglie Pierca
erano 'fieri' di essere docenti.
In questo si coglie uno dei motivi del loro operare: l'orgoglio
dell'insegnare prendeva origine dalla serietà dell'accademia
da cui venivano, ed era anche la forza della loro libertà, che
si riflesse, da un canto, nella loro ricerca in pittura, e dall'altro
nel loro 'vivere liberi', al margine del tumulto promozionale
che attanaglia ogni artista.
Nello specifico, Ragni insegnava nelle sezioni A e B, di una
scuola che per vocazione e collocazione di quartiere era considerata
elitaria e di cui dette sezioni rappresentavano quelle
con i docenti migliori, mentre gli alunni appartenevano spesso
alle famiglie medio - alto borghesi della zona e della città.
In quell'ambito Ragni divulgò con efficacia un insegnamento
dell'arte che partiva da quel sapere 'accademico' per arrivare
immediatamente alla sensibilità dell'arte moderna ed astratta
in particolare e, di fatto, alla sensibilità degli allievi.
Il suo metodo rappresentava appieno quello che sarebbe
stato il motto dei movimenti culturali che sarebbero seguiti
in Europa, nel bene e nel male, figli di quella necessità di
'stupire i borghesi', che poi, come è ovvio per ogni artista,
sarebbero stati i clienti da conquistare ...
Il suo insegnamento, con la passione con cui Ragni lo applicava
(o meglio ... ci viveva ...), portava a sviluppare la
lettura delle opere d'arte apprendendone la genesi, in forma
critica; coglieva appieno, nello sconvolgere i punti di vista,
la missione dell'artista come suscitatore di emozioni evocandole,
attraverso il mostrare la vita e i segni da un punto
di vista nuovo rispetto al quotidiano.
Il riflesso formativo e culturale, che è rimasto in molti, è notevole
e appare degno di nota.
Spesso accade di incontrare chi ne fu allievo e il ricordo è
davvero vivo, sia per i molti che ne fecero tesoro, sia per chi
ne fu semplicemente scosso.
Ricordo quando litigava con i colleghi più tradizionalisti,
quando saliva in piedi sulla cattedra e si metteva a 'suonare
la tromba senza la tromba', oppure a gridare provocazioni
sonore che per i ragazzi erano strane e stupefacenti, e adesso
potrebbero essere catalogate come un 'mix' di memorie marinettiane
e di evocazioni emotive che anticipavano esperienze
concettuali.
Rispetto ai ragazzi che avevano una 'buona mano' nel disegno
(nella mia classe eravamo io e un altro compagno, questo
davvero straordinariamente dotato dal punto di vista
figurativo) ereditata dalle scuole elementari e coltivata dalla
personale inclinazione, il suo insegnamento riorganizzava e
confutava, anche in modo fortemente critico, l'approccio all'arte,
intesa come semplice mimesi (base importante, ma
non bastevole) della natura.
In altre parole, egli poteva scuoterci vigorosamente, magari
dicendo di abbandonare tutto quanto già acquisito (lezioso,
piacevole, verosimile ...), per esplorare nuovi segni ed
espressioni, con gli esercizi e le provocazioni.
Cito alcuni memorabili esempi ed esercizi riguardanti:
come disegnare 'righe storte ma diritte';
la matericità dei graffiti 'che tolgono per aggiungere';
le proiezioni assonometriche 'precise ma inverse';
la costruzione con il cartoncino di modellini degli allievi (le
uniche cose che si siano conservate delle esercitazioni, attraverso
straordinarie fotografie), che evocano sculture neoplastiche
o architetture della modernità;
la composizione 'equilibrata nel movimento e movimentata
nell'equilibrio', ma mai 'simmetricamente banale' e soppesata
nel valore delle forme;
il colore che è tecnica della composizione di valori scientificamente
determinati;
la pittura come libertà fuori dal quotidiano;
uscite sui colli dei Ronchi a disegnare dal vero, esortando a
darne una interpretazione a tema (geometrico, sonoro, cromatico
...);
esercizi sulla base dell'ascolto di brani musicali, volto a 'disegnare
il non disegnato, la musica, il ritmo ... l'aria'.
Gli esercizi portavano, ad un'età dai dodici ai quattordici
anni, a nuovi livelli di conoscenza, che, trovando un terreno
adatto, formavano i ragazzi, ancora prima del liceo o della
scuola secondaria in genere, che al tempo (e negli anni in cui
la frequentai) aveva programmi assai più convenzionali, e
direi meno stimolanti.
Tutto ciò, che sostanzialmente sovvertiva l'impostazione tradizionale
della scuola elementare e poteva essere vista come
'cosa nuova e rivoluzionaria', era però accompagnato da una
vera severità nel giudizio e nella assegnazione dei compiti,
nonché nella valutazione dello studente.
Non si può escludere in questa narrazione uno sguardo storico,
distaccato ed ironicamente realista.
E' infatti del tutto ovvio che molti degli allievi e delle famiglie
della Ugo Foscolo lo considerassero un 'originale' (ed è
un eufemismo), restando poi legati ad una sorta di 'estetica
localistica' rivolta alla rassicurante figurazione di paesaggi
innevati e anziani contadini con la pipa.
Del resto la sua dichiarazione di appartenenza al movimento
astratto era spesso propalata in modo vigoroso e apodittico,
con il dichiarato intento di rigettare le forme della figurazione,
di contestare l'accademia, dalla cui tradizione, per
contro, discendeva la disciplina.
Io stesso, come 'bravo bambino' con la meta delle 'belle pagelle',
vivevo quella situazione trovando il metodo all'inizio
ostico, ma si può dire che ciò confermi quanto l'azione svolta
fosse fattiva, successiva alle origini internazionali e nazionali
del movimento, ma tempista per il periodo.
L'educazione artistica che così veniva offerta, in un periodo
in cui solo nelle grandi città ferveva il dibattito e lo sviluppo
dell'arte moderna (ma non è così anche oggi?), portava agli
allievi ricettivi quel saper leggere l'arte, quegli stimoli che
arrivavano da altrove e da anni precedenti, tanto che ai ragazzi
sembrava che la stessa astrazione, i suoi autori e le
tecniche evocate fossero per certi versi 'antichi', in quanto
materia di insegnamento del Professore, e allo stesso tempo
inusitatamente nuovi.
La novità era la coniugazione di uno studio rigoroso (le lezioni
e gli esercizi richiedevano molto metodo e applicazione)
con l'aspirazione ad una libertà di azione e di giudizio,
ad una capacità di vivere e raffigurare l'emozione, che poteva
persino disorientare rispetto agli insegnamenti pregressi.
Questo
percorso era lo specchio di Ragni, della sua evoluzione,
del suo stesso passaggio dalla figurazione accademica
all'astrazione. Un passaggio di cui si evince la felicità del volo e
la libertà
dell'impeto nella lettura delle sue opere, mentre nel contempo,
nella qualità pittorica, si vede con chiarezza la serietà
dello studio, del lavoro e della meditazione.
In quegli anni, del resto, maturava per Ragni il lungo conclusivo
periodo geometrico, con le opere che di fatto noi allievi
potemmo poi vedere nelle sue mostre; opere che si
potrebbero definire come frutto proprio di quel tentativo,
davvero arduo, dopo il periodo della assoluta libertà dell'informale,
di recuperare parte dell'ordine culturale e personale
con cui si era formato l'artista (l'accademia che sentiva di
dover contestare), ovvero la 'bella pittura', nella ricerca
della sua applicazione all'astrazione e soprattutto alla libertà
a cui anelava, operazione che forse nessuno tentò.
In mancanza di cenacoli bresciani di grido, la 'scuola di
Ragni' era una palestra di cultura che forse non si è riprodotta
altrove.
Del resto Ragni e la moglie Pierca furono per ragioni di temperamento
e di mutui pregiudizi sempre in antagonismo con
una città misoneista e 'identitaria' ante litteram.
Forte delle contraddizioni, spontanee ma ricercate ed enfatizzate
del suo insegnamento e della sua arte (si ricordino la
poetica vigorosa degli scritti e le invenzioni estemporanee),
il continuo dialogo tra le anime di Ragni gli valse risultati di
qualità e di capacità artistica, assieme ad una affascinante
efficacia nell'insegnamento, tanto da farlo annoverare, a mio
giudizio, quale raro 'maestro' di cultura nella vicenda formativa
di una generazione.
Marco Ticozzi |